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Robert Frank, il fotografo che ha cambiato il nostro sguardo sull’America

Robert Frank, il fotografo che ha cambiato il nostro sguardo sull’America

La giornalista Janet Malcolm lo ha definito il “Manet della nuova fotografia”, alludendo alla portata rivoluzionaria dei suoi scatti fotografici, che hanno stravolto completamente i canoni stilistici dell’epoca. Nato a Zurigo nel 1924, Robert Frank si trasferisce a New York a 23 anni, dove viene assunto come fotografo di moda per la rivista “Harper’s Bazaar”. Dal 1948 inizia a lavorare come reporter freelance, viaggiando in Europa e in Sudamerica, e abbandona definitivamente la fotografia di moda per interessarsi al fotogiornalismo.

Nel 1955, accade l’evento che cambierà per sempre la sua vita, e la storia della fotografia: Frank ottiene una borsa di studio dalla Fondazione Guggenheim di New York per esplorare e fotografare gli Stati Uniti. Il fotografo parte con moglie e figli a seguito, due macchine fotografiche e centinaia di rullini a bordo di una vecchia Ford Business Coupe. In due anni percorre oltre 10.000 chilometri, scattando più di 27.000 foto in bianco e nero.

Gli americani
Il libro “Gli americani” di Robert Frank, il poema per immagini dedicato all’America del secondo dopoguerra.

Nelle sue foto appare un’America mai vista prima: persone comuni colte nelle loro attività quotidiane, e luoghi ordinari, apparentemente privi di significato e fascino. Un jukebox, una cucina vuota con la televisione accesa, una cameriera al bar o una ragazza in ascensore diventano per la prima volta dei soggetti fotografici. Spesso Frank predilige la fetta più emarginata e povera della popolazione, evidenziando tutte le contraddizioni e i lati più oscuri dell’America del dopoguerra. E lo fa attraverso uno stile completamente nuovo, mettendo in discussione i canoni estetici del fotogiornalismo dell’epoca: scatti sfocati, scomposti, apparentemente casuali, la cui immediatezza ricorda il linguaggio cinematografico. Le sue foto ruvide si contrappongono in modo netto alle immagini luminose e nitide e alle pose classiche imposte dall’estetica dominante in quel periodo.

Elevator
Elevator — Miami Beach, 1955 da The Americans. Collezione del Philadelphia Museum of Art, copyright Robert Frank.

Ne emerge un’America dimenticata, divisa dal razzismo e dalla disuguaglianza sociale, spesso malinconica e solitaria, lontana anni luce dagli stereotipi imposti dal conformismo e dal cieco patriottismo dell’epoca. Nel 1958, l’editore francese Robert Delphire decide di pubblicare 83 scatti di Frank nel libro “Les Americains”. Quando, l’anno successivo, le foto vengono pubblicate negli Stati Uniti, suscitano subito scandalo e indignazione. Gli americani non gli perdonano di aver infranto il sogno americano, e Frank viene accusato di aver offeso il Paese che lo aveva accolto così generosamente.

Parade Hoboken New Jersey
Parade, Hoboken, New Jersey, 1955. Copyright: Robert Frank.

Il suo stile genuino e spontaneo, fatto di fotografie immediate e imprecise, spesso scattate senza nemmeno scendere dall’auto, attira invece la benevolenza della beat generation, che considera la sua raccolta come l’espressione più autentica dell’America. “The Americans” influenza in modo decisivo le regole narrative e stilistiche della fotografia documentaria, facendo entrare Frank nell’olimpo dei fotografi più importanti del Novecento.

Dopo la pubblicazione del libro, Frank abbandona quasi del tutto la fotografia per dedicarsi alla cinematografia. Il suo primo cortometraggio, “Pull my Daisy”, è adattato da una commedia di Kerouac e racconta la Beat Generation con una narrazione vorticosa e ricca di nonsense e ripetizioni. Attraverso l’uso frequente di immagini sfocate o sovraesposte e di inquadrature inconsuete, il fotografo sfida, ancora una volta, gli stilemi visivi dell’epoca.

Parade Hoboken New Jersey
Parade, Hoboken, New Jersey, 1955. Copyright: Robert Frank.

Nel 1972, durante il tour dell’album “Exile on Main St” dei Rolling Stones, gira il documentario “Cocksucker blues”: ne esce un ritratto talmente poco lusinghiero della band, che i suoi membri chiedono al tribunale di censurarlo. Il giudice concede solo quattro proiezioni l’anno, unicamente in presenza del regista. A mettere in imbarazzo gli Stones furono le scene di sesso e droga, ma anche le situazioni intime e i momenti di solitudine e attesa, in cui i vari componenti mostravano il loro lato più autentico e fragile. Anche in questo caso, Frank disturba per il suo sguardo schietto e disilluso sul mondo, capace di catturare la bellezza e, al contempo, la miseria della condizione umana. Uno sguardo che è, senza dubbio, la principale eredità lasciata al mondo da questo grande fotografo.

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